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Approvazione delle linee guida per l’individuazione degli interventi di cui all’articolo 94-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380

LINEE GUIDA PER L’INDIVIDUAZIONE, DAL PUNTO DI VISTA STRUTTURALE, DEGLI INTERVENTI DI CUI ALL’ART. 94-BIS, COMMA 1, DEL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA N. 380/2001, NONCHÉ DELLE VARIANTI DI CARATTERE NON SOSTANZIALE, PER LE QUALI NON OCCORRE IL PREAVVISO DI CUI ALL’ART. 93 DEL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA N. 380/2001, APPROVATE CON DECRETO MINISTERIALE 30 APRILE 2020.

Premesse.

Come è noto, il decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 6 giugno 2001, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia» nasceva dall’esigenza di riordinare — senza introdurre innovazioni significative — la complessa normativa edilizia, caratterizzata da una serie di iniziative legislative e regolamentari che nel corso degli anni si erano sommate, spesso in modo caotico, senza una coerenza logica e sistematica. Tuttavia, anche il decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, nato per dare un filo logico alla struttura legislativa e regolamentare del settore, non sembra essere riuscito nel proprio intento, tanto da essere stato oggetto, nel corso di questi ultimi quindici anni, di decine di modifiche le quali, lungi dal semplificare, ne hanno reso di fatto più difficile l’applicazione.

Per il futuro occorre quindi, senza dubbio, una ristrutturazione organica dell’intera disciplina delle costruzioni che individui chiaramente i principi fondamentali, riorganizzi le procedure e definisca con altrettanta chiarezza i confini della legislazione regionale concorrente.

Nelle more della suddetta riorganizzazione, con il medesimo intento di snellimento del quadro normativo delle costruzioni, il legislatore, nell’ambito del decreto-legge n. 32 del 18 aprile 2019, cosiddetto «sbloccacantieri», convertito con la legge n. 55 del 14 giugno 2019, ha introdotto, fra le altre, una significativa modifica all’art. 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, aggiungendo l’art. 94-bis.

Il medesimo art. 94-bis è stato poi modificato, dalla legge 12 dicembre 2019, n. 156, nella formulazione attuale che recita:

«Art. 94-bis (Disciplina degli interventi strutturali in zone sismiche). — 1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui ai capi I, II e IV della parte seconda del presente testo unico, sono considerati, nel rispetto di quanto previsto agli articoli 52 e 83:

  1. a) interventi “rilevanti” nei riguardi della pubblica incolumità:

1) gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche ad alta sismicità (zona 1) e a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di a compresi fra 0,20 g e 0,25 g); g

2) le nuove costruzioni che si discostino dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche situate nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità (zone 3 e 4);

3) gli interventi relativi ad edifici di interesse strategico e alle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, nonché relativi agli edifici e alle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un loro eventuale collasso, situate nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità (zone 3 e 4).

  1. b) interventi di “minore rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità:

1) gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico

di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (zona

2, limitatamente a valori di a compresi fra 0,15 g e 0,20 g), e zona 3;

2) le riparazioni e gli interventi locali sulle costruzioni esistenti, compresi gli edifici e le opere infrastrutturali di cui alla lettera a), numero 3);

3) le nuove costruzioni che non rientrano nella fattispecie di cui alla lettera a), n. 2);

3 -bis) le nuove costruzioni appartenenti alla classe di costruzioni con presenza solo occasionale di persone e edifici agricoli di cui al punto 2.4.2 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei tra- sporti del 17 gennaio 2018;

  1. c) interventi “privi di rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità:

1) gli interventi che, per loro caratteristiche intrinseche e per destinazione d’uso, non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità.

  1. Per i medesimi fini del comma 1, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, definisce, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, le linee guida per l’individuazione, dal punto di vista strutturale, degli interventi di cui al medesimo comma 1, nonché delle varianti di carattere non sostanziale per le quali non occorre il preavviso di cui all’art. 93. Nelle more dell’emanazione delle linee guida, le regioni possono confermare le disposizioni vigenti. Le elencazioni riconducibili alle categorie di interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza, già adottate dalle regioni, possono rientrare nelle medesime categorie di interventi di cui al comma 1, lettere b) e c). A seguito dell’emanazione delle linee guida, le regioni adottano specifiche elencazioni di adeguamento alle stesse.
  2. Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, non si possono iniziare lavori relativi ad interventi “rilevanti”, di cui al comma 1, lettera a), senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione, in conformità all’art. 94.
  3. Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, e in deroga a quanto previsto all’art. 94, comma 1, le disposizioni di cui al comma 3 non si applicano per lavori relativi ad interventi di “minore rilevanza” o “privi di rilevanza” di cui al comma 1, lettera b) o lettera c).
  4. Per gli stessi interventi, non soggetti ad autorizzazione preventiva, le regioni possono istituire controlli anche con modalità a campione.
  5. Restano ferme le procedure di cui agli articoli 65 e 67, com- ma 1, del presente testo unico.»

La suddivisione degli interventi edilizi in tre macro-categorie, interventi «rilevanti» nei riguardi della pubblica incolumità, interventi di «minore rilevanza» e interventi «privi di rilevanza», ha l’intento di consentire una più razionale e graduale applicazione delle procedure tecnico-amministrative, sulla base, appunto, della maggiore o minore «rilevanza» dell’intervento. Per rendere concreta l’applicazione di tale principio, è tuttavia necessaria una chiara identificazione delle caratteristiche sulla base delle quali un intervento può essere collocato in una delle macro-categorie.

Pertanto, nel rispetto delle regole che disciplinano la legislazione concorrente, la presente linea guida, prevista dal comma 2 del citato art. 94-bis, ha il compito di fornire i criteri di carattere generale sulla base dei quali ciascuna regione potrà redigere la specifica elencazione che assegni le diverse tipologie di interventi ad una specifica macro- categoria, uniformandosi a principi validi sull’intero territorio nazionale, pur nel rispetto delle peculiarità e delle specificità che caratterizzano ogni area regionale.

È opportuno infine sottolineare, in questa sede, come il legislatore, nella citata legge di conversione n. 55 del 14 giugno 2019, con particolare riferimento all’art. 65 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, abbia più volte sottolineato che il deposito al SUE, sia del progetto sia della relazione a strutture ultimate, debba avvenire tramite pec; si ritiene al riguardo di poter desumere che, nell’ottica di una generale semplificazione delle procedure, come attestazione di avvenuto deposito possa intendersi valida anche la semplice stampa della certificazione dell’avvenuto ricevimento della pec, evidentemente sotto la responsabilità del soggetto che ha effettuato il deposito, per quanto attiene alla regolarità e completezza della documentazione. In tale ottica le regioni potrebbero quindi, nel provvedimento di recepimento delle disposizioni della legge n. 55/2019, prevedere la suddetta semplificazione, riservandosi, qualora ad un successivo esame della documentazione depositata si riscontrassero gravi carenze, di attivare la procedura di controllo sull’opera in questione, ancorché iniziata.

Tipologie di interventi.
a) Interventi «rilevanti» nei riguardi della pubblica incolumità.

La macro-categoria a), in termini di carattere generale, comprende quelle categorie di interventi i quali, per caratteristiche strutturali, dimensioni, forma e materiali impiegati, possono comportare, in caso di fallimento, un elevato rischio per la pubblica incolumità e per l’assetto del territorio. Si tratta in sostanza, come si vedrà nel seguito — dove verrà trattata ogni singola categoria prevista per questo punto a) — di opere o interventi che richiedono la corretta applicazione dei principi che regolano la scienza e la tecnica delle costruzioni, dei criteri posti a base delle norme tecniche, della modellazione delle strutture e dei più aggiornati software di calcolo; presupposti necessari per la progettazione di opere le quali, si ribadisce, pur nell’ambito dell’approccio probabilistico alla sicurezza valido in generale per tutte le costruzioni, devono fornire più solide e attendibili garanzie sulla corretta impostazione progettuale. Per questo motivo, peraltro, i progetti delle predette opere devono essere sottoposti a più accurati controlli.

1 – Interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche ad alta sismicità (zona 1) e a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di accelerazione ag compresi fra 0,20 g e 0,25 g).

Sono compresi in questa categoria, gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti, in tutte le località del territorio nazionale nelle quali siano attesi, in caso di sisma, valori dell’accelerazione massima su suolo rigido ag (espressa come percentuale di g) superiori a 0,20 g. Il motivo per cui i predetti interventi sono stati inseriti nella macro-categoria a), è da ricercarsi nella particolare complessità insita in un progetto di significativo miglioramento ovvero di adeguamento di una costruzione esistente, quando i predetti interventi siano necessari per ottemperare ai casi previsti dalle norme tecniche o per usufruire delle agevolazioni previste dalla legge di stabilità 11 dicembre 2016, n. 232 , art. 1, comma 2-septies, cosiddetto «sismabonus». In questi casi infatti la progettazione dell’intervento non può prescinde- re da una approfondita conoscenza delle caratteristiche strutturali, da una precisa diagnosi delle eventuali criticità, da un’accurata conoscenza della modellazione di calcolo nonché dei materiali e delle moderne tecnologie di consolidamento.

Appare opportuno precisare, in questa sede, che il valore dell’accelerazione massima da considerare ai fini dell’applicazione delle disposizioni tecnico-amministrative di cui all’art. 3 della legge n. 55 del 14 giugno 2019, è il valore dell’accelerazione su suolo rigido con super- ficie topografica orizzontale come definito dalle norme tecniche al § 3.2 e riferito ad un sisma con tempo di ritorno di 475 anni.

2 – Nuove costruzioni che si discostino dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche.

Per comprendere appieno i criteri di appartenenza a questa categoria di opere, è bene precisare, preliminarmente, cosa si intende per «usuali tipologie», quelle cioè che si ritrovano, nel seguito, nella categoria b), n. 3). Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui ai capi I, II e IV della parte II del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, sono in generale considerate usuali tipologie tutti gli inter- venti realizzati con i materiali ed i sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche; un elemento discriminante ai fini dell’attribuzione di un intervento a questa categoria a), n. 2) non può essere quindi il materiale impiegato, anche se diverso dal calcestruzzo armato o acciaio o muratura tradizionale, quale ad esempio il legno, l’alluminio, il calcestruzzo fibrorinforzato o altri materiali compositi; anche le dimensioni, magari notevoli, di una costruzione non costituiscono di per sé un elemento discriminante, atteso che una costruzione di notevoli dimensioni può essere molto semplice nella sua concezione strutturale, mentre costruzioni anche di modesta entità potrebbero essere caratterizzate da una eccezionale complessità strutturale, tale da richiedere una particolare modellazione di calcolo ed una particolare conoscenza dei legami costitutivi dei materiali (si veda, per restare nell’esempio precedente, un edificio molto alto e snello, concepito in modo tale da rispondere positivamente ad una eventuale azione sismica mediante l’impiego di una serie di accorgimenti strutturali quali l’utilizzo di dissipatori o isolatori sismici, l’assunzione di fattori di struttura qo molto elevati o che si discostino sensibilmente da quelli suggeriti dalle norme tecniche nella tabella 7.3.II, la previsione di una massa accordata in sommità, etc.).

In definitiva, l’elemento discriminante che può far appartenere una costruzione alla categoria a) delle costruzioni rilevanti per la pubblica incolumità è da ricercarsi nella particolare e non usuale concezione strutturale.

Per citare degli esempi, in una elencazione assolutamente non esaustiva ma solo indicativa, si può pensare ad edifici caratterizzati da un rapporto tra l’altezza e la minore dimensione in pianta superiore a 3, a ciminiere, a torri, a serbatoi e silos, a complesse strutture idrauliche o marittime, a particolari strutture strallate che non siano i ponti (questi ultimi rientrano infatti nella successiva categoria a), n. 3), a costruzioni industriali caratterizzate dalla presenza di grandi macchine che induco- no rilevanti sollecitazioni dinamiche, a costruzioni dotate di isolatori sismici o dissipatori, a opere geotecniche di contenimento del terreno complesse e di altezza significativa.

3 – Interventi relativi ad edifici di interesse strategico e alle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, nonché relativi agli edifici e alle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un loro eventuale collasso.

Sono compresi nella presente categoria tutte le nuove costruzioni e tutti gli interventi eseguiti sulle costruzioni esistenti, situati nelle località sismiche, attribuibili alle classi d’uso III e IV di cui al § 2.4.2 delle norme tecniche, realizzate nelle zone ad alta sismicità (zona 1) e media sismicità (zona 2), escluse quindi quelle a bassa sismicità (zone 3 e 4). Ai soli fini della individuazione delle tipologie, possono costituire utile riferimento gli elenchi A e B di cui all’allegato 1 al decreto del Dipartimento della Protezione civile 21 ottobre 2003, sia che trattasi di interventi a competenza statale che non.

Le regioni confermano o modificano eventuali propri elenchi già adottati, coerentemente con le presenti linee guida.

  1. b) Interventi di «minore rilevanza» nei riguardi della pubblica incolumità.

La macro-categoria b), in termini di carattere generale, comprende quelle categorie di interventi caratterizzati da una concezione strutturale più facilmente riconducibile alle fattispecie previste dalle norme tecniche e/o dalla letteratura di settore, che richiedono quindi sufficienti e comuni conoscenze tecniche; si tratta di opere e interventi per le quali, nell’ambito dell’approccio probabilistico alla sicurezza valido in generale per tutte le costruzioni, è plausibile attendersi sufficienti garanzie sulla corretta impostazione progettuale. Per tali interventi, non soggetti ad autorizzazione preventiva, le regioni possono istituire controlli anche con modalità a campione.

1) Interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di PGA compresi fra 0,15 g e 0,20 g) e zona 3.

Sono compresi in questa categoria, gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti, in tutte le località del territorio nazionale nelle quali siano attesi, in caso di sisma, valori dell’accelerazione massima su suolo rigido ag (espressa come percentuale di g), minori o uguali a 0,20 g. Essendo collocati in zone caratterizzate da minori sollecitazioni simiche, la progettazione dei predetti interventi, pur richiedendo sempre una precisa diagnosi delle eventuali criticità, raggiunge più facilmente le finalità di miglioramento o adeguamento, con soluzioni e tecnologie ben conosciute. Per tale motivo, in sostanza, gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti, nella zona 2, con valori di ag compresi fra 0,15 e 0,20 g e, ovviamente, nelle zone 3 (bassa sismicità) e 4 (bassissima sismicità), non sono soggetti a preventiva autorizzazione sismica.

2) Riparazioni ed interventi locali sulle costruzioni esistenti.

Come è noto, il capitolo 8 delle norme tecniche, al § 8.4.1 prevede la fattispecie «Riparazione o intervento locale». Le caratteristiche di tale tipo di intervento sono ampiamente definite dallo stesso § 8.4.1 delle norme tecniche e dal corrispondente § C8.4.1 della circolare 21 gennaio 2019, n. 7, ai quali si rimanda.

3) Nuove costruzioni che non rientrano nella fattispecie di cui alla lettera a), n. 2).

Richiamando quanto già espresso nell’ambito della categoria a), n. 2), rientrano nella presente categoria tutte le nuove costruzioni «usuali», realizzate con i materiali ed i sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche, indipendentemente dalle dimensioni. Si tratta in sostanza di tutte le costruzioni che non rientrano nella categoria a), n. 2), in quanto possono essere progettate con una buona conoscenza dei principi che regolano la scienza e la tecnica delle costruzioni, dei criteri posti a base delle norme tecniche, della modellazione delle strutture e dei comuni software di calcolo.

Per citare degli esempi, si può pensare alle opere appartenenti alla classe d’uso II, ad edifici regolari in pianta e in elevazione, oppure edifici non regolari in pianta e/o in elevazione ma caratterizzati da un rapporto tra l’altezza e la minore dimensione in pianta non superiore a 3, ad opere di sostegno prive di particolari complicazioni di ordine geotecnico, a passerelle pedonali.

3-bis) Nuove costruzioni appartenenti alla classe di costruzioni con presenza solo occasionale di persone e edifici agricoli di cui al punto 2.4.2 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 17 gennaio 2018.

Sotto il profilo della sicurezza, ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui ai capi I, II e IV della parte II del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, si tratta in generale di usuali costruzioni realizzate con i materiali ed i sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche, ma caratterizzati, per la loro specifica funzione, dalla presenza solo occasionale di persone al loro interno o nelle immediate vicinanze; si fa riferimento ad esempio agli edifici destinati all’attività agricola quali magazzini o silos, a costruzioni destinate ad accogliere impianti tecnici ai quali il personale accede sporadicamente per la manutenzione, a locali destinati ad attrezzature di manovre che si svolgono con scarsa frequenza. Con riferimento ai contenuti del § 2.4.2 delle norme tecniche possono rientrare nella categoria b), n. 3-bis), le opere appartenenti alla classe d’uso I.

Sono in sostanza strutture per le quali — pur essendo comunque necessari un titolo abilitativo, un progetto redatto nel rispetto delle norme tecniche ed una esecuzione a norma — nell’ambito dell’approccio probabilistico alla sicurezza, la presenza saltuaria delle persone al loro interno o nelle immediate vicinanze, rende possibile una temperata applicazione delle procedure di verifica e di controllo.

  1. c) Interventi «privi di rilevanza» nei riguardi della pubblica incolumità.

La macro-categoria c), in termini di carattere generale, comprende quelle categorie di interventi i quali per caratteristiche strutturali, dimensioni, forma e materiali impiegati, non costituiscono pericolo sotto il profilo della pubblica incolumità, fermo restando il rispetto delle disposizioni che regolano l’urbanistica e l’assetto del territorio.

1) Interventi che, per loro caratteristiche intrinseche e per destinazione d’uso, non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità.

Ricadono in questa categoria tutte quelle opere ed interventi che per destinazione d’uso, caratteristiche strutturali, dimensioni, forma e materiali impiegati non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità, e che pertanto possono essere realizzate con preavviso scritto allo sportello unico comunale, secondo modalità e contenuti disciplinati dal- le regioni, eventualmente semplificati rispetto alle disposizioni di cui all’art. 93 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 e successive modificazioni ed integrazioni, fermo restando il rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e di tutte le normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia (in particolare, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42/2004).

In sintesi sono da ritenersi privi di rilevanza urbanistico-edilizia le opere, gli interventi e i manufatti non incidenti in modo significativo o permanente sull’assetto del territorio, in quanto privi di rilevanza strutturale o per i loro oggettivi caratteri di facile amovibilità, oppure in ragione della temporaneità dell’installazione, oppure perché presentano parametri geometrici, strutturali, dimensionali, di peso o di utilizzo limitati.

Quindi, sono considerati interventi privi di rilevanza quelli relativi agli elementi che non presentano rigidezza, resistenza e massa tali da risultare significativi ai fini della sicurezza e/o dell’incolumità delle persone.

Varianti di carattere non sostanziali.

Si premette che l’art. 93 — Denuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche — del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, al comma 1 recita:

«1. Nelle zone sismiche di cui all’art. 83, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della regione, indicando il proprio domicilio, il nome e la residenza del progettista, del direttore dei lavori e dell’appaltatore.».

La disposizione suddetta esprime un principio fondamentale in base al quale, nelle zone sismiche di cui all’art. 83 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, chiunque intenda pro- cedere alla realizzazione degli interventi di cui all’art. 94-bis, comma 1, lettere a) e b) deve darne preavviso scritto allo sportello unico, preposto al controllo ed alla vigilanza sull’assetto e la sicurezza del territorio; quest’ultimo provvede poi a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della regione. Ciò comporta, evidentemente che, ultimate tutte le procedure previste per la categoria di intervento, una volta iniziati i lavori si debba dare preavviso scritto allo sportello unico anche delle varianti sostanziali che si intende apportare all’intervento.

Nello spirito di snellimento delle procedure che caratterizza l’art. 3 del decreto «sbloccacantieri», sono evidentemente esonerate dal preavviso scritto di cui al citato comma 1, dell’art. 93, tutte quelle varianti che si possono definire non sostanziali.

Per definire i criteri in base ai quali una variante si può definire sostanziale o meno, occorre sottolineare come un intervento è sempre soggetto al rispetto di precise disposizioni di legge e regolamenti sotto due profili principali: gli aspetti urbanistici ed architettonici, e gli aspetti legati alla sicurezza. Fermi restando gli aspetti urbanistici- architettonici, restando nell’ambito della sicurezza delle costruzioni e quindi dell’applicazione delle disposizioni di cui ai capi I, II e IV della parte II del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, ai fini dell’applicazione dell’art. 94-bis cui fanno riferimento le presenti linee guida assume particolare rilievo la definizione dei criteri strutturali in base ai quali una variante si può definire non sostanziale. A tale scopo si può fare riferimento ai medesimi criteri che distinguono le riparazioni o interventi locali dal miglioramento o adeguamento sismico.

In definitiva, sulla base delle caratteristiche strutturali dell’inter- vento, una variante si può definire non sostanziale se interviene solo su singole parti o elementi dell’opera, senza produrre concrete modifiche sui parametri che determinano il comportamento statico o dinamico del- la struttura nel suo complesso, quali ad esempio: il periodo fondamentale T1, il taglio alla base VR, le sollecitazioni massime (M, N, T) sugli elementi strutturali.

Le regioni possono individuare eventuali ulteriori ipotesi di varianti non sostanziali, conformemente al principio generale appena esposto.

Rientrano, inoltre, tra le varianti non sostanziali le realizzazioni in corso d’opera di interventi privi di rilevanza di cui alla categoria c), n. 1).

Interventi edilizi che necessitano dell’autorizzazione paesaggistica, dopo il D.P.R. n. 31 del 2017

Sommario: 1. Quadro generale. 2. Visibilità degli interventi. 2.1. Opere interrate. 3. Le novità introdotte dal D.P.R. n. 31/2017. 3.1. Interventi minori privi di rilevanza paesaggistica. 3.2. Interventi non visibili dallo spazio pubblico. 3.3. Altri interventi esonerati dall’obbligo di autorizzazione. 3.4. Interventi non soggetti ad autorizzazione ex art. 149. 4. Opere temporanee, precarie o facilmente amovibili. 4.1. La disciplina posta dal D.P.R. n. 31 del 2017. 5. Volumi tecnici. 6. Interventi di ristrutturazione edilizia, demolizione e ricostruzione. 7. Interventi ed opere per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche. 8. Impianti di telecomunicazioni. 9. Impianti energetici alimentati da fonti rinnovabili. 10. Opere pubbliche.

1. Quadro generale. 

Ai sensi dell’art. 146 d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali), i proprietari, possessori o detentori di immobili ed aree di interesse paesaggistico hanno l’obbligo di ottenere la preventiva autorizzazione paesaggistica per:

– gli interventi da intraprendere, che abbiano rilievo paesaggistico (Cons. Stato, Sez. IV, 22 giugno 2016, n. 2755 e 9 febbraio 2016, n. 521; Cass. pen., Sez. III, 17 settembre 2014, n. 43562);

– i manufatti destinati al soddisfacimento di esigenze in sé stabili, indipendentemente dai materiali usati e dal loro carattere amovibile (Cons. Stato, Sez. VI, 12 giugno 2015, n. 2892; T.A.R. Napoli (Campania), Sez. III, 13 gennaio 2016, n. 137);

– l’impiego di materiali diversi da quelli prescritti dall’autorizzazione (Cons. Stato, Sez. VI, 26 maggio 2017, n. 2485; Cass. pen., Sez. III, 1 luglio 2015, n. 38556).

Per valutare un intervento edilizio, consistente in una pluralità di opere, deve effettuarsi una valutazione globale delle stesse, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere l’effettivo impatto sul paesaggio (T.A.R. Napoli (Campania), Sez. VI, 12 maggio 2016, n. 2433).

L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento edilizio (Cons. Stato, Sez. VI, 30 ottobre 2017, n. 5016).

Pertanto, l’autorizzazione prescinde dal titolo edilizio richiesto (Attività edilizia libera, S.C.I.A., D.I.A., permesso di costruire) (Cass. pen., Sez. III, 20 aprile 2017, n. 32899; Cons. Stato, Sez. VI, 9 gennaio 2013, n. 62; T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 4 settembre 2017, n. 935).

Infatti, il parametro normativo di riferimento per la valutazione paesaggistica non va ricercato nella disciplina edilizia, ma nella specifica disciplina del vincolo paesistico, contenuta nel provvedimento impositivo o nella normativa di piano paesistico (Cons. Stato, Sez. IV, 9 febbraio 2016, n. 521).

In mancanza dell’autorizzazione paesaggistica, è doverosa l’adozione dell’ordinanza di demolizione, che costituisce l’unica misura sanzionatoria, ai sensi dell’art. 27 d.P.R. n. 380 del 2001 (Cons. Stato, Sez. VI, 12 giugno 2015, n. 2892; Cass. pen., Sez. III, 25 novembre 2015, n. 6703; T.A.R. Marche Ancona, Sez. I, 7 gennaio 2017, n. 25).

2. Visibilità degli interventi.

Si discute se la visibilità dell’intervento sia il presupposto necessario, ai fini dell’obbligo di acquisire l’autorizzazione paesaggistica.

Un primo orientamento sostiene che la funzione essenziale della tutela paesaggistica è relativa all’aspetto visibile del territorio (Cons. Stato, Sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1942 e 10 febbraio 2015, n. 700; T.A.R. Marche Ancona, Sez. I, 7 gennaio 2017, n. 23).

Al contrario, l’altra tesi considera la tutela del paesaggio non nel significato meramente estetico – visuale di “bellezza naturale”, ma, con un concetto di tutela identitaria del territorio, come complesso dei valori inerenti al territorio naturale (Cons. Stato, Sez. VI, 24 febbraio 2017, n. 889; Cass. pen., Sez. III, 15 gennaio 2015, n. 5954).

2.1. Opere interrate.

Su questa seconda tesi, si fonda la necessità dell’autorizzazione anche per le opere interrate (Cons. Stato, Sez. VI, 5 luglio 2017, n. 3317 e 24 aprile 2017, n. 1907; Cass. pen., Sez. III, 15 gennaio 2015, n. 5954; T.A.R. Lazio Latina Sez. I, 29 maggio 2017, n. 337).

Tra l’altro, è richiesta l’autorizzazione per le seguenti opere interrate:

– un parcheggio (Cons. Stato, Sez. VI, 24 febbraio 2017, n. 889; T.A.R. Marche Ancona, Sez. I, 7 gennaio 2017, n. 25);

– una piscina (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VIII, 20 marzo 2017, n. 1530);

– un volume tecnico (Cons. Stato, Sez. VI, 24 aprile 2017, n. 1907).

La necessità dell’autorizzazione per alcune opere interrate va ora rivista alla luce del recente D.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31 “Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata”.

L’Allegato A del D.P.R. n. 31/2017 esclude l’autorizzazione per:

A.15. … la realizzazione e manutenzione di interventi nel sottosuolo che non comportino la modifica permanente della morfologia del terreno e che non incidano sugli assetti vegetazionali, quali: volumi completamente interrati senza opere in soprasuolo … serbatoi, cisterne e manufatti consimili nel sottosuolo; tratti di canalizzazioni, tubazioni o cavi interrati per le reti di distribuzione locale di servizi di pubblico interesse o di fognatura senza realizzazione di nuovi manufatti emergenti in soprasuolo o dal piano di campagna; …

Inoltre, nell’Allegato B, contenente gli interventi soggetti ad autorizzazione semplificata, la voce B.16. individua la “realizzazione di autorimesse fuori-terra o parzialmente interrate con volume emergente fuori terra non superiore a 50 mc …”.

Ne deriva che le autorimesse del tutto interrate debbano ritenersi escluse dall’autorizzazione paesaggistica.

3. Interventi esclusi dall’autorizzazione dopo il D.P.R. n. 31/2017.

Più in generale, il citato D.P.R. n. 31/2017, prevede all’art. 2 che “Non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi e le opere di cui all’Allegato «A» nonché quelli di cui all’articolo 4.”

L’esonero dall’obbligo di autorizzazione per gli interventi di cui all’allegato “A” si applica in tutto il territorio nazionale a partire dalla data di entrata in vigore del regolamento (6 aprile 2017), fermo restando il rispetto delle competenze delle Regioni a statuto speciale.

3.1. Interventi minori privi di rilevanza paesaggistica.

Il suddetto Allegato «A» ricomprende 31 voci di interventi ed opere in aree vincolate esclusi dall’autorizzazione paesaggistica, perché ritenuti interventi minori privi di rilevanza paesaggistica.

Per tali interventi, quindi, non si pone un problema di visibilità o meno, proprio perché ritenuti privi di rilevanza paesaggistica.

Infatti, tra gli interventi esclusi, alcuni interessano l’aspetto esteriore degli edifici, quali, tra l’altro:

– A.2. interventi sui prospetti o sulle coperture degli edifici …;

– A.13. interventi di manutenzione, sostituzione o adeguamento di cancelli, recinzioni, muri di cinta o di contenimento del terreno …;

– A.22. installazione di tende parasole su terrazze, prospetti o in spazi pertinenziali ad uso privato;

– A.24. installazione o modifica di impianti delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici …,

3.2. Interventi non visibili dallo spazio pubblico.

Lo stesso Allegato «A» esclude l’autorizzazione per alcuni interventi, purché non visibili dallo spazio pubblico:

A.4. interventi indispensabili per l’eliminazione di barriere architettoniche … non visibili dallo spazio pubblico …;

– A.5. installazioni di impianti tecnologici esterni a servizio di singoli edifici non soggette ad alcun titolo abilitativo edilizio, quali condizionatori e impianti di climatizzazione dotati di unità esterna, caldaie, parabole, antenne, purché effettuate su prospetti secondari, o in spazi pertinenziali interni, o in posizioni comunque non visibili dallo spazio pubblico …;

– A.6. installazione di pannelli solari (termici o fotovoltaici) a servizio di singoli edifici, laddove posti su coperture piane e in modo da non essere visibili dagli spazi pubblici esterni …

3.3. Altri interventi esonerati dall’obbligo di autorizzazione.

Ai sensi dell’art. 4 (Esonero dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica per particolari categorie di interventi), altri interventi ivi indicati sono esclusi dall’autorizzazione paesaggistica, qualora: – nel provvedimento di vincolo, ovvero nel piano paesaggistico, siano contenute specifiche prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione e la tutela del bene paesaggistico; – o siano stati stipulati accordi di collaborazione tra il Ministero, la regione e gli enti locali.

3.4. Interventi non soggetti ad autorizzazione ex art. 149, dopo il D.P.R. n. 31 del 2017.

L’art. 149 Codice esclude l’autorizzazione paesaggistica:

a) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo, che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici (Cons. Stato, Sez. VI, 26 maggio 2017, n. 2485 e 13 maggio 2016, n. 1945). Ove, invece, vi sia alterazione dell’aspetto esteriore, gli stessi interventi necessitano della previa acquisizione dell’autorizzazione (T.A.R. Marche Ancona, Sez. I, 7 gennaio 2017, n. 25; T.A.R. Napoli (Campania), Sez. IV, 2 luglio 2015, n. 3533);

b) per gli interventi inerenti l’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l’assetto idrogeologico del territorio (T.A.R. Toscana Firenze, Sez. III, 18 gennaio 2017, n. 49; T.A.R. Venezia (Veneto), Sez. II, 12 ottobre 2015, n. 1043). Invece, è necessaria l’autorizzazione per il cambio della destinazione d’uso agricola (Cons. Stato, Sez. VI, 18 maggio 2015, n. 2516) o per il cambio di coltivazione del terreno che incida in maniera permanente sul paesaggio, alterando l’esistente vegetazione (T.A.R. Venezia (Veneto), Sez. II, 23 marzo 2007, n. 923);

c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall’articolo 142, comma 1, lettera g) Codice, purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia. Mentre si richiede la preventiva autorizzazione per:

– l’attività di taglio e/o disboscamento (Cons. Stato, Sez. V, 23 ottobre 2012, n. 5410; Cass. pen., Sez. III, 18 marzo 2014, n. 30303);

– la realizzazione in area boschiva di “piste” in terra battuta ottenute attraverso lo sradicamento e il taglio di ceppaie (Cass. pen., Sez. III, 25 novembre 2014, n. 962);

– nonché l’attività di livellamento di un terreno con estirpazione della vegetazione in area sottoposta a vincolo paesaggistico (Cass. pen., Sez. III, 28 febbraio 2013, n. 16184).

L’Allegato A del D.P.R. n. 31 del 2017 esclude dall’autorizzazione:

A.1. Opere interne che non alterano l’aspetto esteriore degli edifici, comunque denominate ai fini urbanistico-edilizi, anche ove comportanti mutamento della destinazione d’uso;

– A.19. nell’ambito degli interventi di cui all’art. 149, comma 1, lettera b) del Codice: interventi su impianti idraulici agrari privi di valenza storica o testimoniale; installazione di serre mobili stagionali sprovviste di strutture in muratura; palificazioni, pergolati, singoli manufatti amovibili, realizzati in legno per ricovero di attrezzi agricoli, con superficie coperta non superiore a cinque metri quadrati e semplicemente ancorati al suolo senza opere di fondazione o opere murarie; …;

– A.20. nell’ambito degli interventi di cui all’art. 149, comma 1, lettera c) del Codice: … interventi di contenimento della vegetazione spontanea indispensabili per la manutenzione delle infrastrutture pubbliche esistenti pertinenti al bosco, quali elettrodotti, viabilità pubblica, opere idrauliche; ….

4. Opere temporanee, precarie o facilmente amovibili.

Si controverte se tali opere richiedano l’autorizzazione.

Una consolidata giurisprudenza ritiene necessaria l’autorizzazione paesaggistica, in quanto è comunque decisivo l’effetto di alterazione dello stato preesistente (Cons. Stato, Sez. VI, 12 giugno 2015, n. 2892; Cass. pen., Sez. III, 25 novembre 2015, n. 6703; T.A.R. Marche Ancona Sez. I, 7 gennaio 2017, n. 23).

In particolare, necessita l’autorizzazione paesaggistica per:

– le opere precarie; la nozione di opera precaria è fondata non sulle caratteristiche dei materiali utilizzati né sulle modalità di ancoraggio delle stesse al suolo quanto piuttosto sul riscontro oggettivo delle esigenze di natura stabile o temporanea, che siano dirette a soddisfare (Cons. Stato Sez. IV, 9 novembre 2017, n. 5172; Cass. pen., Sez. III, 25 novembre 2015, n. 6703); anche in caso di occupazione temporanea del suolo per un periodo inferiore a 120 giorni (Cass. pen., Sez. III, 25 novembre 2015, n. 6703 e 19 marzo 2015, n. 29080);

– il mantenimento delle strutture per l’attività balneare, valevole per il solo periodo estivo, in quanto non comporta necessariamente che tale compatibilità sussista anche per il periodo invernale (Cons. Stato, Sez. VI, 12 giugno 2015, n. 2892; Cass. pen., Sez. III, 6 ottobre 2015, n. 925);

– un pontile galleggiante per l’ormeggio di imbarcazioni da diporto (T.A.R. Latina (Lazio), Sez. I, 27 novembre 2015, n. 786);

– le tettoie o altre strutture analoghe di rilevanti dimensioni, salvo che le loro ridotte dimensioni rendano evidente la finalità di arredo o di riparo e protezione da agenti atmosferici (T.A.R. Marche Ancona, Sez. I, 7 gennaio 2017, n. 23);

– il materiale ondulato tipo eternit per la copertura di manufatti (T.A.R. Perugia (Umbria), Sez. I, 15 gennaio 2015, n. 23);

– gli appostamenti venatori, siano essi fissi ovvero destinati a cacciare i colombacci (Corte cost., 13 giugno 2013, n. 139).

4.1. La disciplina posta dal D.P.R. n. 31 del 2017.

Il tema delle opere precarie o facilmente amovibili va ora riesaminata alla luce del sopravvenuto D.P.R. n. 31 del 2017:

a) l’Allegato A esclude dall’autorizzazione le seguenti voci:

A.16. occupazione temporanea di suolo privato, pubblico o di uso pubblico mediante installazione di strutture o di manufatti semplicemente ancorati al suolo senza opere murarie o di fondazione, per manifestazioni, spettacoli, eventi o per esposizioni e vendita di merci, per il solo periodo di svolgimento della manifestazione, comunque non superiore a 120 giorni nell’anno solare;

– A.17. installazioni esterne poste a corredo di attività economiche quali esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero, costituite da elementi facilmente amovibili quali tende, pedane, paratie laterali frangivento, manufatti ornamentali, elementi ombreggianti o altre strutture leggere di copertura, e prive di parti in muratura o strutture stabilmente ancorate al suolo;

A.27. interventi di manutenzione o sostituzione, senza ampliamenti dimensionali, delle strutture amovibili esistenti situate nell’ambito di strutture ricettive all’aria aperta già munite di autorizzazione paesaggistica …

b) l’Allegato B sottopone a procedura semplificata:

B.17. realizzazione di tettoie, porticati, chioschi da giardino di natura permanente e manufatti consimili aperti su più lati, aventi una superficie non superiore a 30 mq o di manufatti accessori o volumi tecnici con volume emergente fuori terra non superiore a 30 mc.

– B.36. posa in opera di cartelli e altri mezzi pubblicitari non temporanei di cui all’art. 153, comma 1, del Codice, di dimensioni inferiori a 18 mq, ivi compresi le insegne e i mezzi pubblicitari a messaggio o luminosità variabile, nonché l’installazione di insegne fuori dagli spazi vetrina o da altre collocazioni consimili a ciò preordinate;

Deve ritenersi che i suddetti interventi, ove abbiano natura temporanea, non necessitano dell’autorizzazione;

– B.26 …. installazione di manufatti amovibili o di facile rimozione, consistenti in opere di carattere non stagionale e a servizio della balneazione, quali, ad esempio, chioschi, servizi igienici e cabine ….

Quindi, ove trattasi di opere di carattere stagionale e a servizio della balneazione, le stesse opere non richiedano l’autorizzazione.

5. Volumi tecnici.

La nozione di volume utile è una qualificazione valevole sotto il profilo edilizio, ma non quello paesaggistico, che interessa i volumi di qualsiasi natura (Cons. Stato, Sez. VI, 5 luglio 2017, n. 3317), in quanto rileva la percepibilità del volume come ingombro alla visuale (T.A.R. Brescia (Lombardia), Sez. I, 23 febbraio 2016, n. 281).

Pertanto, l’autorizzazione paesaggistica è richiesta anche per i volumi tecnici, benchè non rilevanti secondo le norme edilizie (Cons. Stato, Sez. VI, 24 aprile 2017, n. 1907 e 31 gennaio 2017, n. 408; T.A.R. Campania Salerno Sez. I, 31 luglio 2017, n. 1264).

Infine, ai sensi dell’art. 32, comma 4, t.u. ed., gli interventi su immobili con vincolo paesistico sono considerati variazioni essenziali, anche quando incidono solo sui volumi tecnici (Cons. Stato, Sez. VI, 8 febbraio 2016, n. 507; Cass. pen., Sez. III, 8 luglio 2015, n. 42978).

Ai sensi dell’Allegato A del D.P.R. n. 31 del 2017 sono esclusi dall’autorizzazione paesaggistica:

A.12. … la demolizione parziale o totale, senza ricostruzione, di volumi tecnici e manufatti accessori privi di valenza architettonica, storica o testimoniale … a condizione che tali interventi non interessino i beni di cui all’art. 136, comma 1, lettera b) del Codice.

6. Interventi di ristrutturazione edilizia, demolizione e ricostruzione.

Richiedono l’autorizzazione paesaggistica:

– gli interventi di ristrutturazione edilizia (Cass. pen., Sez. III, 8 marzo 2016, n. 33043; T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 20 febbraio 2017, n. 1016; T.A.R. Roma (Lazio), Sez. I, 8 giugno 2016, n. 6579);

– i lavori di demolizione e ricostruzione di un edificio o di parte di esso (Cass. pen., Sez. III, 20 aprile 2017, n. 32899), anche se rispettino la precedente volumetria e destinazione d’uso (Cons. Stato, Sez. IV, 28 novembre 2012, n. 6036; Cass. pen., Sez. III, 24 ottobre 2008, n. 45072);

– e la ricostruzione su di un rudere (Cons. Stato, Sez. VI, 9 giugno 2014, n. 2919; Cass. pen., Sez. III, 3 giugno 2014, n. 40342);

L’Allegato «A» del D.P.R. n. 31/2017 ora esclude dall’autorizzazione:

A.29. interventi di fedele ricostruzione di edifici, manufatti e impianti tecnologici che in conseguenza di calamità naturali o catastrofi risultino in tutto o in parte crollati o demoliti …

7. Interventi ed opere per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche.

Ai sensi dell’art. 4 della l. 9 gennaio 1989, n. 13, recante “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”, gli interventi ed opere relative necessitano dell’autorizzazione paesaggistica (Cons. Stato, Sez. VI, 7 marzo 2016, n. 905; T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento, 28 marzo 2017, n. 102).

Le opere funzionali all’eliminazione delle barriere architettoniche sono solo quelle tecnicamente necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e non la migliore fruibilità dell’edificio (T.A.R. Salerno (Campania), Sez. II, 19 aprile 2013, n. 952).

Il D.P.R. n. 31/2017 esclude dall’autorizzazione paesaggistica:

A.4. interventi indispensabili per l’eliminazione di barriere architettoniche, quali la realizzazione di rampe esterne per il superamento di dislivelli non superiori a 60 cm, l’installazione di apparecchi servoscala esterni, nonché la realizzazione, negli spazi pertinenziali interni non visibili dallo spazio pubblico, di ascensori esterni o di altri manufatti consimili.

8. Impianti di telecomunicazioni.

Ai sensi dell’art. 86, comma 3, d.lg. n. 259/2003, le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria.

In tal modo, la norma afferma la compatibilità di tali infrastrutture a qualsiasi destinazione urbanistica, mentre resta ferma la necessità dell’autorizzazione paesaggistica (Cons. Stato, Sez. III, 15 gennaio 2014, n. 119; T.A.R. Roma (Lazio), Sez. II, 29 gennaio 2016 n. 1314).

L’autorizzazione non è necessaria quando trattasi di una antenna di stazione radio di limitata consistenza (Cons. Stato, Sez. III, 15 gennaio 2014, n. 119) o di una mera sostituzione di antenne, parabole e apparati tecnologici preesistenti con manufatti similari (T.A.R. Lazio Roma, Sez. II quater, 6 marzo 2017, n. 3153).

L’Allegato «A» del D.P.R. n. 31/2017 esclude l’autorizzazione per:

A.8. interventi di adeguamento funzionale di cabine per impianti tecnologici a rete, ivi compresa la sostituzione delle cabine esistenti con manufatti analoghi per tipologia e dimensioni, nonché interventi destinati all’installazione e allo sviluppo della rete di comunicazione elettronica ad alta velocità, ivi compresi gli incrementi di altezza non superiori a cm 50;

A.24. installazione o modifica di impianti delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici, di cui all’art. 6, comma 4, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, nonché smantellamento di reti elettriche aeree.

9. Impianti energetici alimentati da fonti rinnovabili.

Per tali impianti, è necessaria l’autorizzazione paesaggistica (Cons. Stato, Sez. VI, 23 marzo 2016, n. 1201 e Sez. V, 27 aprile 2015, n. 2073); in particolare per:

– l’installazione di moduli fotovoltaici Cons. Stato, Sez. VI, 23 marzo 2016, n. 1201; Cass. pen., Sez. III, 7 febbraio 2013, n. 11850; T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, 19 giugno 2017, n. 1459; T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, 9 marzo 2017, n. 357);

– e la realizzazione di parchi eolici (Cons. Stato, Sez. IV, 13 ottobre 2015, n. 4732).

In via procedimentale, l’art. 12 d.lg. n. 387 del 2003 prevede che l’assenso per la costruzione e l’esercizio degli impianti da fonte rinnovabile sia rilasciato con un’autorizzazione unica, che sostituisce tutti i pareri e le autorizzazioni, ivi comprese quelle paesaggistiche, tramite il meccanismo della conferenza di servizi (Cons. Stato, Sez. IV, 13 ottobre 2015, n. 4732; T.A.R. Sicilia Catania, Sez. II, 24 febbraio 2017, n. 372).

L’Allegato A del D.P.R. n. 31 del 2017 ora esclude l’autorizzazione per:

– A.6. installazione di pannelli solari (termici o fotovoltaici) a servizio di singoli edifici, laddove posti su coperture piane e in modo da non essere visibili dagli spazi pubblici esterni; …;

– A.7. installazione di microgeneratori eolici con altezza complessiva non superiore a ml 1,50 e diametro non superiore a ml 1,00, qualora tali interventi non interessino i beni vincolati ai sensi del Codice, art. 136 …

10. Opere pubbliche.

Tali opere necessitano dell’autorizzazione paesaggistica (Cons. Stato, Sez. IV, 9 febbraio 2016, n. 521 e Sez. VI, 23 maggio 2013, n. 2817); ivi comprese le opere da eseguirsi da parte del comune (Cass. pen., Sez. I, II, 7 aprile 2006, n. 16036).

Per le opere statali, ai sensi dell’art. 147 Codice, l’autorizzazione è rilasciata all’esito di una conferenza di servizi (T.A.R. Palermo (Sicilia), Sez. I, 13 febbraio 2015, n. 461).

L’autorizzazione è necessaria, altresì, per le opere di difesa nazionale, anche se realizzate su aree interne a basi militari (T.A.R. Palermo (Sicilia), Sez. I, 13 febbraio 2015, n. 461; Cons. Stato, Sez. I, V, 10 novembre 2005, n. 6312; Cass. pen., Sez. I, II, 24 novembre 1995, n. 12570).

Pietro Falcone

Presidente di Sezione a r. del Consiglio di Stato

Pubblicato il 31 gennaio 2018